Grecia in 8 giorni

Viaggio in terra di Grecia, alla scoperta degli albori della civiltà e del pensiero filosofico all'interno del quadro della modernità.

  • Il viaggio è durato 8 Giorni
  • Budget speso Da 1€ a 250€
  • Ho viaggiato In coppia
  • Continenti visitati: Europa
  • Stati visitati: Grecia
  • Viaggio fatto in estate
  • Scritto da francesco cagnato il 25/08/2022
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  1. Giorno 1 - 02/06/2018

    Monasteri delle meteore

    Il viaggio in Grecia inizia un venerdi pomeriggio dal molo di Ancona, dove un traghetto della compagnia Superfast battente bandiera greca attende di caricare numerosi autotreni ed automobili (tra le quali la nostra) e salpare con destinazione Grecia. Il tempo è buono, sole, leggero vento e mare calmo fanno presagire una traversata tranquilla, cosi è e dopo circa sedici ore, in perfetto orario sbarchiamo sul molo del porto di Igoumenitsa, pronti ad intraprendere il giro che ci porterà a visitare la terra in cui circa tre millenni orsono iniziò a svilupparsi la civiltà artistica e sociale dell'intero occidente.
    Il viaggio assumerà un carattere "avventuroso" per via di alcuni episodi abbastanza curiosi che ci sono capitati, il primo di questi avviene subito dopo essere sbarcati dal traghetto.
    Prima di immetterci sulla strada che ci condurrà ai Monasteri delle Meteore, prima tappa del viaggio, una pattuglia della polizia di frontiera ci ferma assieme ad un'altra decina di veicoli per un controllo. Siamo già fermi dopo pochi metri percorsi in attesa che la macchina, con tutto il suo carico, venga controllato. Fortunatamente tutto si risolve in un quarto d'ora, rimessi i bagagli a posto prendiamo la prima autostrada greca in direzione est.
    L'autostrada è nuova, non tutte le strutture tipo aree di servizio o piazzole di sosta sono state completate, l'andatura è comunque piacevole e bastano pochi chilometri per rendersi conto del tipo di territorio in cui ci troviamo, collinoso e con vistosi sali scendi del tracciato stradale, siamo circondati dal verde ovunque e dalla macchia mediterranea nel senso più pieno del termine. Gli ulivi sono gli alberi più frequenti, con i loro tronchi nodosi e le foglie tipiche di forma lanciforme, non è difficile immaginarli carichi di olive plasmate dal sole e dall'aria delle colline, vediamo anche alberi da frutto ma la nostra conoscenza in proposito è piuttosto limitata, pertanto ci godiamo il panorama che ci mostra poche case e centri abitati radi fin quasi alla nostra destinazione, il paese di Kastraki, dal quale parte la strada panoramica che ci condurrà in cima ai picchi rocciosi su cui sorgono, da decine di secoli, i Monasteri delle Meteore.
    La conformazione dell'ambiente cambia completamente dopo aver percorso poche centinaia di metri, si apre davanti a noi una specie di vallata in cui la vegetazione avvolge massi di pietra che fanno da cornice a picchi di tufo alti alcune alcune decine di metri, sulla sommità dei quali sorgono costruzioni dai tetti rossi che sembrano adagiati sulla loro cima, i Monasteri delle Meteore.
    Nell'alto medioevo i monaci ortodossi occuparono questa zona (siamo al bordo nord-occidentale della pianura della Tessaglia) e sostenendo grandi fatiche e usando la tecnica costruttiva più avanzata per quei tempi, costruirono in totale ventiquattro monasteri nei quali vissero la loro vita religiosa per molti secoli. Di queste ventiquattro costruzioni oggi ne sono visitabili solo poche unità, i monaci sono stati trasferiti altrove, ne sono rimasti solo un paio per monastero per illustrare ai turisti la funzionalità della struttura.
    I monasteri sono raggiungibili salendo e scendendo le scalinate scavate nella roccia in tempi moderni, ai tempi dei primi abitanti i monasteri erano raggiungibili con un sistema di carrucole e funi che sollevavano e calavano derrate alimentari, uomini ed animali utilizzando semplicemente come struttura di imbracamento una rete di funi intrecciate tra di loro e collegate da robusti nodi.
    Il punto centrale di ognuno di questi monasteri è rappresentato dalla piccola chiesa che, solitamente, è posizionata al centro dell'intera struttura del monastero, le sue dimensioni sono di poco maggiori di quelle di una normale cappella delle strutture ecclesiastiche cattoliche ed è particolarmente ricca di decorazioni in stile bizantino. Pitture, sculture, raffigurazioni di Madonne con Bambino cesellate nel metallo lucente con maestria dagli artisti dell'epoca ricoprono le pareti ed i soffitti delle chiese mantenendo la più rigida continuità spaziale pertanto, entrando nella chiesa, si ha la netta impressione che in quei pochi metri cubi di spazio gli artisti ed i monaci abbiano voluto rappresentare l'idea del paradiso, idea questa confermata dal fatto che i monasteri stessi sono costruiti in alto, sulla sommità di picchi rocciosi alti decine di metri e quindi molto più vicini al cielo che alla terra. Un'idea comune alla cultura cristiana della metà del Medioevo incarnata dallo stile barocco, chi entrava allora nei templi eretti a partire dalla seconda metà del 15° secolo aveva l'impressione di trovarsi in un luogo in cui la magnificenza e la potenza delle forze divine fosse li a ricordare all'uomo quanto piccola fosse la sua dimensione. Le pitture e le sculture che raccontavano della promessa delle beatitudini costituivano il premio finale per una vita condotta nella santità spirituale.
    La chiesa bizantina dei monasteri era il fulcro centrale della vita dei monaci, le rimanenti strutture architettoniche dei monasteri quali piccole piazze affacciate sulle vallate circostanti e i deambulatori esterni erano un completamento necessario per lo svolgersi regolare della vita sociale dei monaci mentre i locali in cui il loro lavoro quotidiano produceva tutto ciò che necessitava loro per il sostentamento fisico quali magazzini, cucine, depositi, officine e falegnamerie sono ancor oggi dotate di tutte le utensilerie necessarie a questo scopo.
    Il viaggio verso Delfi inizia una volta terminata la visita ai monasteri, a metà pomeriggio sotto una cappa di umidità fastidiosa e termina in serata dopo aver vissuto alcune disavventure stradali e .... geografiche. In Grecia ci sono poche autostrade e le indicazioni stradali sono scritte in greco ed in caratteri europei utilizzando ovviamente la lingua inglese, in prossimità degli incroci compare prima il cartello stradale scritto in greco e, successivamente, alla distanza di qualche decina di metri, compare il cartello in lingua inglese. Dopo qualche tempo la lettura diventa automatica e agevole, ma per le prime volte bisogna arrangiarsi e cosi è molto facile perdere qualche informazione e perdersi nelle campagne della Grecia alla ricerca della giusta via.
    Sulla strada per Delfi accade proprio questo, perdiamo del tempo e fatichiamo non poco a trovare la strada per la citta di Lam che, all'incirca, stava a metà del percorso e costituiva un punto di svolta per il tratto finale dell'intero viaggio.
    La cittadina di Delfi si profila davanti a noi quando il sole sta lanciando gli ultimi bagliori prima di lasciare spazio alla notte, essendo uno dei principali siti storici ed archeologici della Grecia mi aspettavo che tutta la topografia della città dipendesse dal sito stesso, in realtà esso è decentrato di qualche chilometro dal centro cittadino, l'unico legame che esiste tra loro, cosi a prima vista, è la via principale della cittadina che ha una lunga serie di negozi di souvenir, sintomo inequivocabile di un movimento turistico molto sviluppato. La strada principale è molto stretta e si percorre in un unico senso, camion, torpedoni e macchine passano a stento tra due file di auto parcheggiate ai lati.

  2. Giorno 2 - 03/06/2018

    Delfi

    Non ho mai visitato prima d'ora un sito archeologico dell'antica Grecia e cosi, il mattino successivo al nostro arrivo a Delfi, rimango abbastanza stupito quando giungo sul posto e vedo che mancano completamente le infrastrutture secondarie come, ad esempio, i parcheggi che solitamente necessitano in questi casi, visto il grande via vai di persone e mezzi di trasporto che questi luoghi richiedono.
    Il sito archeologico racconta di installazioni che risalgono al periodo classico-ellenistico della storia della Grecia, pare che sia stato creato per i giochi pana ellenici che si svolgevano nello stadio che è ancora ben conservato sulla sommità del sito sul fianco della collina. Dopo averlo visitato, le idee sono un po' più chiare dal momento che il modo di pensare degli antichi greci è rimasto costante nel tempo, in pratica ogni qualvolta decidevano di impiantare un insediamento, sia di carattere sportivo che sociale, esso veniva dotato delle strutture specifiche quali stadi ed abitazioni attorno alle quali venivano costruiti i luoghi di venerazione degli dei quali templi e luoghi di preghiera, in numero e dimensione proporzionale all'importanza del sito stesso.
    Cosi frotte di turisti accaldati si aggirano tra quello che resta di templi, teatro ed agorà sistemati alla base della collina prima di giungere alla struttura finale del sito, lo stadio, conformato come un grande spazio allungato, circondato da gradoni che fungevano da tribune per gli spettatori che assistevano ai giochi ed alle manifestazioni sportive.
    La presenza nel centro di una delle due tribune di un piccolo spazio riservato ai giudici di gara, circondato da un parapetto in pietra e pertanto ben distinguibile rispetto al resto della tribuna, rappresenta una unicità nell'intero contesto pubblico dello stadio, solo chi era preposto all'arbitraggio delle gare si sedeva su quei gradini e quindi risulta più facile immaginarli all'opera nell'esercizio delle loro funzioni rispetto alla massa di spettatori assiepati sulle tribune che parteggiavano per questo o per quel concorrente.
    Questa "facilità di immaginazione" è merito dei greci moderni i quali hanno lasciato che tutto il contesto circostante fosse ristrutturato il meno possibile, anche a costo di procurare disagi ai visitatori con camminamenti non sempre lineari, in modo tale da abbattere, con la sola immaginazione, l'abisso temporale che esiste tra modernità ed antichità. Questa è una caratteristica che riscontreremo in tutto il Paese, eccezion fatta per i grossi agglomerati urbani come Atene, in cui il modo di pensare e di concepire l'urbanistica è completamente diverso da quello antico e, trattandosi di una metropoli, non potrebbe che essere cosi.
    La periferia di Atene scorre via alla nostre spalle mentre imbocchiamo la superstrada che porta in direzione sud verso Capo Sunio. I pochi chilometri percorsi rendono l'idea della struttura della sua periferia, comune a tutte le metropoli europee, ovvero essa è attraversata dalle grandi vie di comunicazione stradale, ferroviarie ed aerea (aeroporti) che portano al centro della città, ai lati di questo attraversamento sorgono grandi agglomerati urbani caratterizzati, nel caso di Atene, da una fatiscenza abbastanza evidente.
    Il tempio di Poseidone sorge su uno sperone di roccia che sembra dividere il mare in due parti, vi si arriva dopo aver fatto un tratto di costa che si snoda tra paesi e cittadine dotate di spiagge e strutture balneari, l'intenzione degli architetti e dei costruttori era quello di innalzare a Poseidone, dio del mare, un tempio che gli permettesse di regolare la vita e gli umori della "grande acqua".
    Quando giungiamo sul posto il tempo si sta mettendo al brutto, alcuni nuvoloni scuri si sono posizionati sopra il sito archeologico, dopo aver varcato il cancello d'ingresso inizia a piovere in maniera blanda, tuttavia la pioggia non ci impedisce di vistare le rovine del tempio e quindi, compiendo un giro del perimetro esterno, ammiriamo l'eleganza delle linee architettoniche ancora oggi evidenti, non ci sono troppe persone in quel momento nell'area archeologica e quindi si possono vedere distintamente anche i particolari scolpiti nella pietra che ornano le colonne alla base e alla sommità.
    Tutto attorno il terreno e le colline circostanti sono ricoperte dalla tipica macchia mediterranea, olivi, piante da frutto e cespugli non hanno raggiunto ancora il colore verde pieno ma tanto basta per raccontare ad un osservatore il carattere selvaggio della zona, in parte attenuato da alcune strutture balneari che si vedono sulle spiagge sottostanti.
    La strada costiera che ci conduce dopo circa settanta chilometri ad Atene si percorre agevolmente fino ai sobborghi della città, dove il traffico incomincia a congestionarsi dato anche il rientro in città degli ateniesi che hanno trascorso la giornata in qualcuna delle spiagge del capo. Sfilano via strutture sportive (alcuni ragazzi con borsoni escono da un centro atletico vicino al porto), il quartiere Glifada, zona balneare di Atene frequentata dai più benestanti con i suoi Hotel tirati a lucido, piatte strutture commerciali e grandi magazzini fino a giungere nella zona del Pireo dove è situato il nostro Hotel, che fatichiamo un poco prima di localizzare in quanto è collocato in una zona di strade parallele tra loro tutte uguali e con sensi unici di marcia. Dopo la registrazione in hotel ed aver depositato i bagagli usciamo per passare la prima serata ateniese, l'aria è fresca e decidiamo di cenare in un ristorante tipico situato nella zona del porto del Pireo.

  3. Giorno 3 - 04/06/2018

    Atene

    La stazione della metropolitana del Pireo la mattina successiva ci accoglie tra un flusso continuo di pendolari che si recano in città per incominciare una nuova giornata di lavoro (tutto il mondo è paese), nel complesso è una bella stazione di superficie con una copertura trasparente dalla quale filtrano i raggi solari che riscaldano l'aria circostante.
    Il viaggio in treno fino alla stazione più vicina alla nostra destinazione di quel giorno (l'acropoli) è abbastanza piacevole considerndo che siamo su un vagone della metropolitana, il tragitto passa attraverso la periferia della città e rivela grandi casamenti popolari sui cui muri esterni i writer locali hanno dato prova continua della loro abilità.
    Sono appena le dieci del mattino ma il caldo si fa sentire nel preludio di quella che sembra essere una giornata torrida, la sommità dell'Acropoli, il più importante sito archeologico di Atene e di tutta la Grecia, offre una gradevole frescura mentre si ammira la città che si stende ai suoi piedi, essa rivela la propria natura di immenso agglomerato urbano in cui gli edifici pubblici e privati si confondono l'uno nell'altro.
    Le strade sono parallele e perpendicolari tra di loro, questa impressione verrà confermata anche osservandola dalla sommità della Likavittos Hill, che raggiungiamo con una funicolare nel tardo pomeriggio, la città si è sviluppata per chilometri quadrati tutt'attorno all'Acropoli senza mai interrompere la continuità del proprio tessuto urbano.
    L'Acropoli riassume nei suoi monumenti una grossa parte della storia artistica e sociale della Grecia, dal periodo cosiddetto arcaico fino al periodo di maggior splendore e conclusivo, l'ellenistico, monumenti come i Propilei e il Partenone troneggiano in tutto il loro splendore ancora oggi dopo circa due millenni dalla loro costruzione, ovviamente, come tutti i siti storici che si rispettino, anche l'Acropoli è oggetto di lavori di restauro e quindi macchine edili ed operai sono al lavoro in aree ben delimitate tra migliaia di turisti che imperversano su e giù facendo fotografie ovunque.
    L'impatto emotivo che si ha nel visitare questo sito è rilevante, in questo luogo è incominciato lo sviluppo della nostra storia, filosofi, letterati, artisti hanno vissuto qui migliaia di anni orsono tracciando, con il loro lavoro ed il loro pensiero, il percorso sul quale ha viaggiato per secoli lo sviluppo della storia della cultura cosi come la conosciamo.
    Conclusa la visita scendiamo dall'Acropoli dalla parte opposta rispetto all'ascesa percorrendo una strada larga e comoda che fiancheggia la collina, dopo un breve pranzo in uno dei bar bistrot della zona riprendiamo il giro della città.
    Attorno all'edificio del Parlamento di Grecia c'è un gran movimento di polizia, la sicurezza degli uomini politici e di quanti lavorano all'interno della struttura va preservata e, considerando che in questa zona è insediato anche il palazzo presidenziale con i suoi giardini, non è strano vedere la polizia girare continuamente a bordo di auto e furgoni nella zona. Osservando il parlamento guardato a vista dalle guardie militari vestite nella tradizionale divisa, si nota nella facciata principale una certa fatiscenza, grosse parti di intonaco sono distaccate e tutta la facciata appare chiazzata da zone d'ombra e di luce che denotano incuria dovuta, probabilmente, alla mancanza di fondi per realizzare i dovuti restauri, conseguenza questa della recente crisi economica in cui il Paese ancora oggi si trova, nonostante sia proprio di questi giorni l'annuncio fatto dal governo greco dell'uscita del Paese dalla crisi economica.
    La sera giunge con le sue ombre che avanzano lentamente, in uno dei vicoli che costeggiano la base dell'Acropoli troviamo un ristorante greco nel quale gustiamo una cena basata su piatti tipici greci, come la foglia di vite che avvolge un insieme di carne d'agnello cotta al forno, yogurt, tsatkisis ed alla fine un buon caffè alla greca. Torniamo in hotel utilizzando la metropolitana che trasporta, oltre i turisti, gli ultimi pendolari di rientro, il treno percorre il tragitto quasi tutto in superficie e noi ammiriamo panorami che raccontano di Atene e della sua notte incombente.

  4. Giorno 4 - 05/06/2018

    Corinto-Epidauro-Micene

    Il traffico in uscita da Atene questa mattina è regolare, la direttrice che ci porta verso il canale di Corinto la individuiamo facilmente grazie anche alle indicazioni che ci sono state fornite dal personale dell'albergo Anemoni in cui abbiamo soggiornato.
    Il canale fu costruito tra il 1881 ed il 1893 per mettere in comunicazione il golfo di Corinto con il mar Egeo, è lungo 6.345 mt. per una larghezza massima di 25 mt..Le pareti del canale sono disposte in forma divergente con un angolo molto ristretto rispetto alla perpendicolare con la superficie dell'acqua e la sezione navigabile, a sua volta, è molto piccola ma sufficiente per il passaggio dei natanti commerciali.
    Un ponte con sede stradale ed un camminamento pedonale permette di ammirare il canale all'inizio del suo percorso, in un punto molto vicino all'imboccatura del golfo di Corinto, decine di persone stazionano nel punto centrale del ponte per scattare l'immancabile foto ricordo.
    Il sito archeologico di Epidauro si trova ad ovest di Corinto, una strada che attraversa una macchia mediterranea che si tinge di verde e di ocra ci permette di raggiungerlo verso la fine della mattinata, anche qui, come in altri luoghi, i templi ed edifici storici che luccicavano al sole nei tempi di maggior splendore oggi giacciono in rovina, delle murature, delle trabeazioni e delle colonne finemente lavorate che conferivano eleganza alle strutture oggi restano solamente grandi blocchi di pietra accatastati al suolo. Solo le pietre che costituivano i primi corsi sono rimaste al loro posto, dalla loro disposizione se ne ricava il perimetro e l'estensione degli edifici e dell'intero sito.
    Il teatro di Epidauro, visibile oggi ancora eretto in tutta la sua maestosità, fu ideato ideato da Policleto il giovane e fu costruito verso il 350 a.c. ed è una delle principali testimonianze della passione dei Greci per le rappresentazioni teatrali. La sua capienza è calcolata in circa 5.000 unità che potevano accomodarsi sui gradoni disposti ad emiciclo intorno ad un'area di forma circolare che costituiva il palcoscenico, alle spalle del quale alcuni blocchi di pietra disposti a terra regolarmente evidenziano la zona delle quinte. Il teatro ha conservato nel corso dei secoli non solo la sua maestosità ma anche la sua dote principale, l'acustica. Ancora oggi grazie alla sua architettura ed ai parametri che regolano al sua conformazione tridimensionale, la voce umana, senza nessun artificio tecnico, può essere udita distintamente fino alle ultime file delle tribune.
    La civiltà greca è preceduta nella scala temporale e culturale dalla civiltà micenea, nata circa nel 1600 a.c. e terminata, per mano dei dori, verso il 1100 a.c..
    Si sviluppò intorno alla città di Micene che ne fu la capitale e centro abitato più importante, i cui resti oggi giacciono in una vallata circondata da colline cariche di ulivi, il mare, nel pomeriggio di un giorno assolato di giugno, lo si può vedere in lontananza in direzione sud, l'acqua blu profondo sembra evaporare a vista d'occhio sotto i raggi implacabili del sole. Il parcheggio è piuttosto ampio ma non dotato di servizi igienici e neanche di un posto di pronto intervento, secondo me utile in quanto la zona è completamente isolata da qualsiasi centro abitato. La salita al sito dal parcheggio non è molto ripida ma comunque la fatica incomincia a farsi sentire, complice il caldo che è giunto al suo punto massimo di intensità.
    Subito appare la struttura architettonica che è meglio conservata di tutto il complesso, la cinta muraria edificata intorno al 1600 a.c. contorna tutta l'area occupata dalla città. Costruita mediante la sovrapposizione di grandi blocchi di pietra squadrata, la cinta muraria di Micene ha nell'ingresso che guarda a nord il suo punto più importante e più famoso, la Porta dei Leoni. Si tratta di una apertura praticata nella cinta sormontata da un architrave di pietra sul quale poggia il fregio che raffigura due leoni eretti sulle zampe posteriori che si fronteggiano in un momento di lotta. All'interno del muro si estende quello che rimane della città, le abitazioni, i luoghi di ritrovo, le tombe si trovano lungo il percorso pedonale che si snoda tra i resti di ciascuna struttura, grandi blocchi di pietra accatastati uno sull'altro indicano che qui circa 3600 anni orsono è esistita la civiltà micenea che è stata progenitrice della civiltà greca.
    La strada che da Micene porta a Monemvasia attraversa il territorio greco da nord a sud toccando cittadine e paesi caratteristici, lungo il percorso si vedono i segni della profonda crisi economica che ha attanagliato la Grecia in questi ultimi anni, numerosi esercizi commerciali quali depositi, stazioni di servizio e luoghi di ristorazione anche di notevoli dimensioni sono abbandonati a se stessi e ridotti a ruderi in decadenza.
    Il traffico è scarso e questa è una costante che abbiamo riscontrato fin dal primo giorno, anche i pochi chilometri di autostrada sviluppati in questi ultimi anni appaiono nuovi ma con traffico assai rado, veicoli commerciali quali camion e furgoni sono radi da incontrare, nel complesso, viaggiando su un'autostrada della Grecia, si ha una impressione di perenne solitudine.
    Verso sera il profilo dell'isola di Monemvasia ci appare illuminata dal sole del tramonto, la sua conformazione geologica richiama alla memoria l'isola di Tavolara che si trova a ridosso della costa orientale della Sardegna all'altezza di S. Teodoro.
    Chiamare Monemvasia un'isola è improprio in quanto una striscia di terra, larga poche decine di metri sulla quale corre una strada, la collega alla terraferma, sulla costa di fronte si stende un piccolo paese nel quale in un grazioso albergo che guarda il mare troviamo una camera ad un prezzo contenuto, qui trascorriamo la serata cenando in un ristorante tipico del posto seduti ad uno dei tavoli collocati in un'ampia terrazza con affaccio sul mare, il proprietario ci propone (e noi accettiamo) un menu a base di pesce , una passeggiata sulla battigia dopo cena ci permette di respirare l'aria di mare di un mare le cui acque sono calme con le onde che si frangono dolcemente sulla spiaggia.

  5. Giorno 5 - 06/06/2018

    Monemvasia-Elafasinos

    La visita alla città di Monemvasia inizia la mattina successiva sotto un cielo velato da nubi tra le quali i raggi del sole filtrano quel tanto che basta per alzare un poco la temperatura, attraversato il ponte e varcata la porta d'ingresso la città ci svela fin da subito la sua struttura.
    Racchiuse all'interno di mura perimetrali gli edifici abitativi, edifici commerciali e religiosi sorgono a ridosso l'uno dell'altro separati da strette stradine lastricate in pietra, percorrendole si entra e si esce in continuazione da angoli che illustrano la bellezza di questo posto, la prospettiva la fa da padrone ed ecco allora tetti in cotto che compaiono al di sotto dell'osservatore alternati a mura di case che si trovano cosi vicine da dare l'impressione di poter entrare in casa della gente in maniera semplice.
    Questa conformazione architettonica è comune ad altri paesi che ho visitato in passato come, ad esempio, Castelbianco in Liguria o Concarnau in Bretagna, l'assenza di muri di cinta o di cancellate fa si che tra l'interno e l'esterno degni edifici esista solo il muro perimetrale dell'edificio stesso, conferendo all'ambiente un che di familiare anche quando si è sulla strada.
    Sul costone della collina posteriore alla città si estende la sua parte vecchia che si raggiunge percorrendo sentieri i quali, partendo dalla parte nuova, salgono verso la cima della collina, le antiche chiese diroccate, il cui interno è, al contrario, molto ben conservato, testimoniano l'antico splendore dell'arte bizantina, ancora oggi ben visibile, gli edifici religiosi sono indubbiamente la parte più interessante della parte alta della città.
    Raggiungiamo l'isola di Elafasinos dopo essere ripartiti da Monemvasia ed aver percorso pochi chilometri in direzione sud fino all'attracco del traghetto che fa la spola tra la terraferma e l'isola, pochissime miglia di mare e sbarchiamo su un lungomare sul quale si aprono ristoranti tipici e locali che tra circa un mese gestiranno l'andirivieni della gente durante la movida notturna estiva.
    Pranziamo in uno dei ristoranti tipici di questo luogo, il locale è protetto da pareti di plastica pesante e trasparente per cui tutto il porto è visibile. Esso accoglie pescherecci di piccolo cabotaggio all'ancora sballottati da piccole onde mosse da un vento abbastanza forte da consigliare riparo, niente di che ma un po' fastidioso esso soffia dalla terraferma verso l'isola.
    Il ristoratore è un greco che parla bene l'italiano e ci racconta che nell'isola, durante i mesi invernali, gli abitanti sono solo poche centinaia ma durante il periodo estivo la popolazione aumenta di circa dieci volte grazie all'arrivo di una notevole massa di turisti. Da Milano partono circa uno-due voli al giorno che giungono nell'aeroporto di Kelemata dal quale poi si raggiunge l'isola dopo un tragitto automobilistico della durata di un paio di ore, del resto la Grecia è un'ambita meta turistica sia per le sue testimonianze storiche ma anche per il mare dalle mille sfumature che bagna le sue cost
    Dopo aver consumato un pasto a base di insalata greca ed alici marinate andiamo alla scoperta del territorio, le strada è una sola che compie il giro completo dell'isola e ci mostra un suolo per la maggior parte ancora selvaggio e naturale in cui qua e là compaiono basse costruzioni abitative di colore adeguato alla cromaticità dell'ambiente. Le coste sono frastagliate da scogli e sassi, ma ogni tanto compare qualche spiaggia sabbiosa di cui la più importante è quella che si trova in una zona diametralmente opposta al molo in cui siamo sbarcati. Lunga alcune centinaia di metri è protetta da dune di sabbia su cui, quasi per miracolo, crescono grandi ciuffi di erba gialla, la sabbia è molto fine e non ci sono bagnanti ad eccezione di una o due famigliole con bambini che giocano sotto il sole che sta compiendo la parte finale del suo arco giornaliero.
    La quiete è ovunque e la si percepisce nel rapporto libero che esiste tra l'essere umano ed il mondo animale. Infatti, mentre compiamo il giro, una tartaruga proveniente dalla spiaggia attraversa la nostra strada e si arrampica sul fianco sabbioso della collina con il suo passo caratteristico, senza avere nessuna paura di noi che nel frattempo siamo scesi dalla macchina e la guardiamo compiere in tutta tranquillità il suo tragitto.

  6. Giorno 6 - 07/06/2018

    Diros-Gerolimenas

    Quando lasciamo l'isola a metà mattina il tempo è buono e ci dirigiamo vero nord, la strada lungo la costa riprende il suo decorso che sale dorsali di colline per poi discendere verso baie con piccole spiagge bagnate da acque multicolori, incontriamo paesi piccoli, contrade e, a volte solo agglomerati di case, tutto questo è indice di una densità abitativa molto bassa in favore di una predominante estensione territoriale sulla presenza umana. Dopo aver fatto una breve sosta per il pranzo in uno di questi paesi affacciato sul mare raggiungiamo verso la metà del pomeriggio alla prossima meta del viaggio, le grotte di Diros, situate sulla costa occidentale.
    Queste grotte sono molto antiche, la loro età viene calcolata in milioni di anni e vi si accede utilizzando piccole imbarcazioni che non hanno una chiglia ma solo un fondo piatto, struttura questa particolarmente vantaggiosa per scivolare su acque basse come lo sono queste che riempiono gli innumerevoli canali che si snodano all'interno delle grotte.
    La nostra barca è governata da un barcaiolo del luogo e l'equipaggio è formato, oltre a noi, da una famiglia olandese composta da padre, madre e figlio, il barcaiolo è prodigo di consigli nei nostri confronti perchè teniamo la sezione del corpo entro bordo, condizione indispensabile per evitare colpi alla braccia ed alla testa. Infatti i soffitti delle grotte sono molto bassi e le sponde dei canali sono strette al punto che si può toccare il duro calcare che forma le stalagmiti e stalattiti che disegnano scenari di irripetibile bellezza e suggestione. Mano a mano che la barca procede entriamo ed usciamo da grotte ed anfratti ammirandone la conformazione, la geometria apparentemente casuale e, soprattutto, vivendo la sensazione che questo luogo nel suo complesso emana, la consapevolezza che la natura ha creato in queste grotte una vera e propria opera d'arte con il solo aiuto del tempo e della forza di gravità.
    Stalattiti e stalammiti disegnano sulle pareti le forme più strane e curiose accostabili ad animali, paesaggi o a temi riguardanti l'astrazione pura, molto probabilmente non basterebbe una vita intera per poterle esaminare tutte, mentre la barca procede lungo il tragitto prestabilito, sapientemente governata dal barcaiolo, si scorge un disegno che potrebbe essere un becco d'anatra o un gruppo di cavalli al galoppo o ancora le stalattiti tratteggiano, nella loro conformazione casuale, figure più remote come i grossi rettili preistorici.
    Una volta terminato il percorso usciamo all'aperto in una zona che sta all'opposto rispetto al punto di entrata, un camminamento lungo alcune centinaia di metri ci conduce al punto di entrata dove si trova il parcheggio mentre il mare rumoreggia più in basso.
    Le torri di forma quadrata alte pochi metri danno di loro stesse una impressione di possanza ma non certo di snellezza, sorgono sul crinale delle colline nei dintorni di Gerolimenas e sono circondate da case costruite con pietra chiara dal colore che tende al rossiccio e posate a secco, questi ruderi, concentrati in agglomerati abitativi sparsi qua e là nella penisola del Mani, rappresentano ciò che resta del periodo di dominazione di alcuni signori del luogo, che per secoli, in un tempo passato, hanno dominato la vita delle popolazioni della zona.
    La penisola del Mani è un luogo di bellezza naturale davvero rilevante, il mare compare ovunque con il suo blu profondo sul quale spicca la conformazione della penisola composta da colline della forma più strana, in fondo ad una rientranza sorge l'abitato di Gerolimenas. Ci arriviamo verso la fine del pomeriggio con la luce solare che sta perdendo di intensità e che rivela la graziosità del paese, molto piccolo, poche centinaia di abitanti la maggior parte dei quali a quell'ora staziona nei pochi bar aperti. Troviamo alloggio in un albergo situato sulla battigia sassosa per un prezzo modico, siamo fuori stagione per cui il prezzo è abbordabile e permette comodamente di ammirare il paesaggio, in particolare di vedere e sentire il mare frangersi ai nostri piedi.

  7. Giorno 7 - 08/06/2018

    Olimpia

    La mattina seguente facciamo un giro per il paese e scopriamo una buona parte delle costruzioni in rovina ed abbandonate, segno inequivocabile che deceduti i primi abitanti o comunque i fondatori del luogo, il successivo ricambio generazionale ha deciso di emigrare verso luoghi diversi, in ogni caso chi di loro è rimasto non ha lasciato andare in rovina completamente il paese e, nel suo complesso, esso appare molto grazioso.
    La città di Olimpia è l'ultima tappa del viaggio e l'ultima meta da raggiungere, vi arriviamo nel primo pomeriggio quando il tempo alterna momenti di sole ad un cielo coperto da nuvole basse che aumentano l'umidità della zona. Olimpia si trova all'interno della costa ovest della Grecia in disrezione nord, l'entroterra che percorriamo per molti chilometri ha la solita conformazione collinosa ed è caratterizzato dalla presenza di piccoli centri abitati sparsi qua e lungo ampie vallate e crinali.
    Le strade questo venerdi pomeriggio sono piuttosto trafficate, motociclette ed automobili dalla tipica conformazione per perscorsi sterrati si incontrano e ci "accompagnano" verso l'antica città greca dove furono inventate migliaia di anni fa le olimpiadi.
    Il motivo di tanto traffico si spiega quando arriviamo in prossimità del sito archeologico, una spianata di tende e motocaravan staziona davanti all'ingresso del sito archeologico, piloti dalle tute multicolori lavorano alla preparazione del proprio mezzo in attesa di dar vita alla propria performance su una pista che si trova nel circondario, a tutto questo movimento si aggiunge il traffico di torpedoni che portano comitive di turisti all'ingresso del sito quindi una confusione ordinata regna all'ingresso della città di Olimpia, non degno delle caratteristiche storiche del sito.
    Basti pensare che anche l'ingresso alle rovine, che dovrebbe essere ben visibile a prescindere da tutto in quanto di quel luogo è la cosa più importante è, al contrario, difficile da trovare, una freccia molto piccola nascosta da rami e fronde di un albero indica la direzione per arrivare all'ingresso del sito.
    Una volta varcato il cancello d'ingresso ed entrati nel perimetro della città di Olimpia, tutto quel caos di modernità cessa di avere importanza, di fronte a noi si ergono le rovine di quello che fu la città in cui fu inventata la manifestazione sportiva più famosa ancora oggi, le Olimpiadi.
    La conformazione urbanistica delle città della Magna Grecia è ripetuta in maniera presso che identica con variazioni dovute alle influenze di pensiero locali, la parte centrale e principale del territorio cittadino è sempre dedicato alla religione e alle entità che ne incarnano il potere supremo, in questi caso le divinità o gli dei in senso stretto.
    Questo concetto verrà poi ripetuto nei secoli anche nei territori che si estendono oltre i confini della Grecia, basti pensare alla conformazione urbanistica che regola le nostre città, il centro abitato infatti si estende tutto attorno al monumento religioso per eccellenza, la chiesa che rappresenta quasi sempre il centro del paese.
    Ad Olimpia il centro del territorio urbanistico è rappresentato dal tempio del padre degli dei, Zeus, lo dicono i libri di testo ma anche l'imponenza delle sue rovine, il basamento del tempio è esteso e poggia su gradoni contornato da basamenti di colonne dal diametro imponente, un paio di esse svettano nel blu del cielo e danno l'idea dell'altezza che il tempio raggiungeva al tempo della sua esistenza.
    Intorno alla tempio di Zeus sorge, o meglio sorgeva, il resto della citta, la cui attività era svolta all'interno di edifici creati ognuno allo scopo preposto.
    Si comincia con i resti di quello che è stato un piccolo senato, tra le sue pareti i senatori ed i filosofi hanno decretato e legiferato per regolare la vita all'interno di questa città, la palestra, caratterizzata dal colonnato che circonda il suo perimetro all'interno del quale gli atleti si allenavano e si preparavano nei momenti precedenti il via delle gare, un piccolo ospedale ed un albergo ricovero per le persone in visita che volevano assistere allo spettacolo sportivo. Tra tutti questi edifici, tra i quali si riconosce anche una villa romana appartenuta a Nerone che in questi luoghi imperversava durante le Olimpiadi, restano i ruderi del laboratorio di Fidia, scultore famosissimo all'epoca, il quale lavorava aiutato dai propri assistenti per produrre sculture che dovevano abbellire i templi e la città intera. Nel suo laboratorio è stata creata la statua di Zeus che era contenuta all'interno del tempio e catalizzava l'attenzione della popolazione, talmente grande che l'architetto scultore, per contenerla, ha dovuto creare un locale apposito all'interno del laboratorio dalle dimensioni opportune.
    Nei secoli che seguirono alla creazione della città, all'interno del laboratorio fu costruita una piccola chiesa cristiana il cui altare è ancora oggi visibile contornato da pareti traforate che delimitano il piccolo tempio. Ovunque si possono scorgere steli e pietre con iscrizioni che raccontano momenti significativi che qualcuno ha ritenuto degno di nota e di far conoscere ai posteri, il significato però a noi non è noto per via della non conoscenza del greco antico. Menzione a parte merita il luogo che fu testimone delle performance sportive, lo stadio. Situato in un'area decentrata rispetto a tutta la città, vi si accede percorrendo un 'entrata impreziosita da un'arco in pietra che si estende da una parete all'altra del passaggio, al termine della quale la spianata, nel cui inerno si svolgevano le gare, circondata dal terrapieno sul quale il pubblico prendeva posto, appare in tutta la sua bellezza ed imponenza.
    Tutto il complesso è lungo circa duecento metri mentre il campo di gara si estende per circa centotrentacinque metri ed è in terra battuta, non potrebbe essere altrimenti dato l'immane arco di tempo che è trascorso dalla sua creazione.
    Negli stadi della Magna Grecia che abbiamo visto fino a questo momento due sono le caratteristiche che mi hanno colpito, a parte le dimensioni del complesso, la linea del traguardo e il posto riservato ai giudici di gara nei terrapieni riservati al pubblico.
    Il primo è in realtà una striscia formata con pietra di alcuni centimetri di spessore annegata nel terreno ed in rilievo rispetto al profilo di quest'ultimo, che, cosi come si vede, poteva costituire anche un'ostacolo durante il passaggio degli atleti, nelle gare di durata gli atleti giravano all'esterno di questa linea mentre nelle gare di velocità la linea doveva, ovviamente essere attraversata. La seconda sono gli scranni assegnati ai giudici di gara che sono indicati dalla presenza di massi di pietra sistemati al centro di uno dei due lati del terrapieno, si possono immaginare delle persone in tunica che giudicavano e decretavano chi aveva vinto e se tutto si era svolto secondo le regole stabilite. Queste due strutture sono quelle che, più della città stessa, avviccinano nell'immaginazione i nostri tempi con quelli della Magna Grecia, in particolare il posto riservato ai giudici è quello che più si presta a vedere all'opera questi uomini vissuti circa tremila anni orsono.
    La sera ceniamo in un ristorantino sul molo della città di Ammoudia dove passeremo la notte, l'aria è calda quanto basta per sentire tutta l'influenza magnetica che emana questo Paese ricco di storia, di tradizione di cultura, alla luce di tutto questo un pensiero allo stato economico-sociale in cui versa oggi la Grecia è obbligatorio.
    Lungo le strade che abbiamo percorso abbiamo visto un numero molto grande di edifici di notevoli dimensioni abbandonati a se stessi ed alla propria decadenza, in un tempo passato da alcuni decenni dovevano essere stati esercizi commerciali dedicati al commercio, alla ristorazione o addirittura officine o magazzini, questi ruderi sono i testimoni silenziosi della decadenza economica e commerciale che la Grecia ha avuto in questi ultimi anni, come le cronache hanno riportato. Quello che stupisce è che tutta la cultura storica e filosofica che i greci prodotto nel corso dei secoli non è servita ad evitare la recensione ed oggi i rappresentanti moderni di Aristotele, Pericle, Fidia vivono tempi molto difficili, a dire che la cultura perde in una partita immaginaria giocata contro il denaro ed il potere economico più in generele.

  8. Giorno 8 - 09/06/2018

    Parca e rientro

    Il giorno successivo è sabato ed è il giorno della partenza per il rientro in Italia, dopo aver visitato la città di Parca, tipica cittadina balneare con tanto di vicoli sui quali si affacciano negozietti di souvenir e che, grazie a questa caratteristica, rappresenta l'esatto contrario di quanto abbiamo visto fin'ora, a sera ci ritroviamo sul molo di Igoumenitsa ad attendere la nave che ci riporterà in Italia.
    Il sole, tramontando ad ovest, disegna le silouhette delle isole greche prospicienti la costa tra le quali quella dell'isola di Corfù, guardandoli, questi profili indicano che ci sarebbe ancora molto da vedere, altre città da incontrare, altra aria ricca di essenza di gelsomini da respirare ma il nostro tempo di permanenza in terra di Grecia è concluso. E' ormai buio quando il profilo della Expirit of Hellas, il nostro traghetto, entra nella baia del porto, nel giro di pochi minuti carichiamo la macchina e saliamo a bordo nel momento in cui incomincia la finale di Champions League: tutto è come prima.

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